Ben trovati amici e ben trovate amiche
del blog….
Oggi, con immenso piacere, abbiamo la
possibilità di incontrare Duilio Curradi.
L’ho conosciuto, insieme alla sua
amabilissima Signora, già dai primi anni in edicola.
Non so bene dirvi in quale momento
sapemmo del modello del Titanic da lui costruito.
Ricordo una volta in cui lo vidi salire
in macchina e allontanarsi con un grande contenitore
ben fissato sul
tetto dell’auto. Sulla “custodia” campeggiava la scritta:
R.M.S. Titanic.
Poi, navigando su internet, ho trovato
molte notizie su Duilio Curradi e sui suoi modelli.
Ho saputo che è nato nel 1938 e che ha
navigato cinque anni come ufficiale di macchina
nella Marina
mercantile. Adesso è uno dei maggiori esperti del Titanic.
Sul suo sito http://www.mitidelmare.it/
si trova una notevole raccolta d’informazioni
interessanti. Io sono
stata particolarmente colpita dalla pagina sui nodi marinareschi
Ma lasciamo i preamboli e
incontriamolo.
Egregio Capt D.M. Duilio. Anzitutto
grazie per questo momento. Mi permetta di farle qualche domanda.
Come si è avvicinato al mondo del
modellismo e come è arrivato a decidere di costruire il Titanic.
La mia passione per il modellismo
navale nacque quando frequentavo la quinta elementare.
Abitavo a
Camogli quando vidi costruire un battello di legno destinato al
trasporto passeggeri fra Camogli e il borgo di San Fruttuoso: il
“Golfo Paradiso I”.
Io tentai di riprodurre, in piccolo,
quel battello ma il risultato fu piuttosto deludente.
In ogni caso il seme era lanciato.
A questo proposito devo raccontare un
fatto curioso.
Terminai la costruzione del modello del Titanic
proprio quando uscì il film di Cameron. Fui allora invitato a
presentare il mio lavoro al Museo Marinaro di Camogli e,
naturalmente, fui intervistato da una giornalista del Secolo XIX di
Genova. Le raccontai anche di quando frequentavo la quinta elementare
con il “mitico” maestro Mortola. La giornalista, con grande
diligenza, raccolse molte informazioni proprio sul battello che
cercai di riprodurre e pubblicò un articolo di quattro colonne sul
quotidiano citando, naturalmente, il maestro Mortola.
Rientrato a Varese, fui raggiunto da
una telefonata. Era proprio il mio maestro Mortola che mi disse che,
poiché lo avevo tirato in ballo, aveva pensato di telefonarmi. Era
il 1998. Erano trascorsi cinquanta anni da quella “quinta
elementare”. L’ultima cosa che mi aspettavo era di risentire la
voce del mio maestro. L’emozione fu grande anche perché, con sotto
gli occhi la tradizionale foto della classe, mi seppe raccontare, con
estrema lucidità, la storia di metà dei miei compagni di allora.
Perché proprio il modello del Titanic.
Quando fu ritrovato il relitto di quella sfortunata nave io avevo da
poco terminato la costruzione dei modelli di un paio di navi da
carico. In entrambi avevo realizzato i locali interni con relativo
arredamento.
Sollecitato soprattutto da alcuni
colleghi di lavoro, che conoscevano il mio hobby, cominciai a
cercare, seppure con grande difficoltà, informazioni su quel
transatlantico.
Era una sfida notevole ma sono proprio
le sfide impossibili che mi stimolano di più.
C’è stato qualche momento di
maggiore difficoltà nel processo di costruzione?
La costruzione di questo modello è
stata tutta una difficoltà.
I disegni disponibili, a metà degli
anni ’80, erano molto pochi. Non si trovava il “piano di
costruzione”, ovvero il disegno fondamentale che definisce la forma
dello scafo. Le poche foto erano tutte, rigorosamente, in bianco e
nero.
Mi lanciai comunque nell’impresa. Il
primo scafo venne piuttosto male e i ponti superiori dovettero essere
rifatti tre volte. Fui tratto in inganno anche dal fatto che il
Titanic, al momento del varo, era uguale al precedente gemello
Olympic, ma fu poi modificato in sede di allestimento.
Corressi lo scafo e le sovrastrutture
grazie ad un libro che mi fu in seguito prestato da un appassionato
della nave. Da questo libro potei estrarre alcune sezioni della nave
che mi consentirono di correggere il disegno che, grazie ai miei
ricordi scolastici risalenti all’Istituto Nautico, avevo
realizzato. Trovai anche molte notizie sulla sistemazione dei locali.
Io volevo arredare internamente tutti i
ponti superiori.
Come certamente saprete il Titanic era
arredato con grande lusso e con numerosi stili diversi. Ebbi la
fortuna di conoscere un restauratore di mobili antichi che mi aiutò
ad individuare i colori prevalenti di ogni stile.
Per il resto ho lavorato di fantasia.
Il mio modello può essere considerato
la migliore approssimazione possibile con le informazioni disponibili
al momento della sua costruzione.
Certo. Dopo l’uscita del film di
Cameron, trovai tante informazioni che mi mancavano, ma ormai il
modello era finito e sigillato.
Secondo Lei qual è la sfumatura più
interessante e affascinante del modellismo?
Il modellismo è un hobby molto
specializzato e sofisticato che significa educarsi,
autogovernarsi, acquisire attitudini
nuove.
Nel modellismo confluiscono pazienza,
gusto della precisione, gioia dell’estetica.
Il modellista è un progettista, un
disegnatore e un costruttore.
Quando, con altri amici modellisti,
organizziamo delle mostre, cerchiamo di convincere le Autorità
scolastiche e Comunali a portare i ragazzi delle scuole.
Quando vengono le scolaresche,
chiediamo ai ragazzini quante mani hanno e quante dita ci sono in
ogni mano.
La risposta è semplice ma la nostra
raccomandazione è di imparare a usare entrambe le mani e tutte e
dieci le dita. Non solo due, o peggio solo una, sullo schermo di uno
smartphone.
Nel percorso di un modellista si
provano tante emozioni ma quando poi si arriva a realizzare modelli
come in questo Titanic, con buona parte dell’arredamento interno,
le emozioni sono veramente tante. Si ricostruiscono i locali dove
persone dal tragico destino hanno vissuto seppure per pochi giorni e
si immaginano momenti di gioia e di disperazione.
Anche qui una considerazione. Quando ho
finito di costruire i ponti del modello, ed ho sigillato il tutto, in
molti mi hanno dato del pazzo: hai fatto tutto quel lavoro per poi
chiuderlo e non farlo più vedere!
Per la verità, prima della chiusura,
ho fatto scattare una serie completa di fotografie che si trovano sul
mio sito http://www.mitidelmare.it/Ponti_del_Titanic.html
Questa decisione è stata dettata da
ragioni tecniche e non solo: I ponti sono in legno e se non vengono
bloccati si deformano nel tempo, è stato necessario chiudere il
modello per poterlo finire esternamente, non lo si poteva portare
alle mostre e sottoporlo a continui smontaggi e rimontaggi.
E poi non dimentichiamo che questa nave
ha avuto un tragico destino. Sembrava, ogni volta, di sottoporla a un
dissacrante spogliarello.
Se la sentirebbe di dare qualche
consiglio a chi si volesse avvicinare a questo mondo straordinario?
Uno slogan che mi piace molto recita:
Il modellismo, l’hobby che affascina i giovani e i diversamente
giovani.
Il giovane che si appassiona al
modellismo, e non solo a quello navale, sviluppa passioni e interessi
che contribuiscono a “riempirgli” la vita.
I meno giovani, durante la vita
lavorativa, possono trovare nel modellismo momenti di distensione e
occasioni di gratificazione. I “diversamente giovani”, ormai
affrancati dagli impegni quotidiani, riescono a riempire le proprie
giornate rimanendo attivi “con la testa e con le mani”.
Un altro slogan che mi piace tanto
recita: non si smette di giocare perché s’invecchia
…s’invecchia perché si smette di giocare.
Approfitto di questo blog per
rivolgermi a quei genitori che individuano nei propri figli una certa
predisposizione verso questa passione. Coltivate questi interessi.
Cominciate a regalare ai vostri figli scatole di montaggio semplici
ma capaci sviluppare la creatività e la manualità. Incoraggiateli e
aiutateli. Non lasciateli solo nelle mani dei “baby sitter
elettronici”.
Possiamo chiedere alla Sua Signora
se ricorda, o se entrambi ricordate, qualche aneddoto particolare
sulle trasferte per le esposizioni e mostre alle quali ha partecipato
il modello del Titanic?
Il Titanic, con il suo tragico destino,
è rimasto impresso profondamente nell’immaginario collettivo.
Quando i visitatori vedono questo
modello, rivivono un po’ la tragedia, ben descritta dal film di J.
Cameron, e si lasciano trascinare da quella sensazione di mistero che
circonda questa nave.
Secondo me il mistero più grande
consiste nel fatto di come una nave, certamente sfortunata, riesca
ancora, dopo oltre un secolo, a stimolare tante storie e tanta
affannosa ricerca di situazioni strane e di complotti.
Si arriva addirittura a sostenere che
la nave sia stata affondata di proposito, magari dallo stesso
Comandante Smith.
Se chi racconta simili “storielle”
avesse un minimo di competenza, saprebbe che lo Smith, anche se fosse
impazzito e avesse deciso di cercare un iceberg sul quale dirigere la
nave, con gli strumenti di navigazione dei quali disponeva all’epoca,
non ci sarebbe riuscito.
Addirittura si sostiene che lo stesso
Comandante Smith sia stato avvistato negli Stati Uniti dopo il
naufragio (forse, a 62 anni, con qualche robusta bracciata, ha
raggiunto terra - non scherziamo. Rispettiamo chi ha perso
tragicamente la vita!)
Dopo soli tre giorni dall’aver
sentito questa sorta d’insinuazione ho partecipato a un’importante
mostra di modellismo. C’era un modellista francese, con un
azzeccatissimo berretto da ufficiale di marina, che sembrava il sosia
perfetto del Comandante Smith.
Mi sono fatto fotografare vicino a lui
e ho spedito l’immagine all’autore di quella teoria con questo
commento: “E’ vero. Ho avuto occasione di incontrare il
Comandante Smith. Lui ha acconsentito a farsi fotografare con me. Io
non ho avuto il coraggio di farmi raccontare la sua storia”.
Forse questo può essere considerato un
aneddoto che nasconde, però, un’amara realtà. Lasciamo in pace
quella nave e quei morti.
Parliamone, semmai, con il dovuto
rispetto e senza speculazioni.